La Storia del Gioiello: dal Rinascimento ad Oggi

Cosimo I de’ Medici (1519-74), grande mecenate, riservò le Botteghe di Ponte vecchio agli Orafi, ai Gioiellieri, agli Argentieri, dando un notevole impulso a queste Arti che si costituirono in formazioni professionali ben regolamentate, le Corporazioni, come i battiloro, i tiratori, i filatori, i doratori e gli scultori che godevano di privilegi e protezione: importanti furono gli orafi del Grand Pont a Parigi.

Nel Rinascimento, i nobili, particolarmente ambiziosi, vollero adornarsi con pietre preziose cercando di abbinare il gioiello con l’abbigliamento all'interno di un periodo di notevoli mutazioni stilistiche, di conseguenza portando ad un continuo rimaneggiamento del gioiello; in quel periodo i monili venivano regolarmente smontati e rimontati, venduti e ricomprati, rubati e ipotecati, persi o dimenticati. Proprio durante la grande fioritura dell'arte e della cultura a Vicenza si mise in risalto Valerio Belli (Vicenza 1468 - Vicenza 1546) grande orafo, incisore, medaglista, conosciuto anche come Valerio Vicentino, risentiva dell’influenza del Buonarroti e di Pierino del Vaga, dei quali riprese alcuni disegni nelle sue incisioni. E’ ritenuto l’artista più in vista di Vicenza prima dell’ascesa di Andrea Palladio, era in buoni rapporti con Michelangelo e con Raffaello Sanzio, sapeva incidere con rara maestria il cristallo di rocca, i cammei, era autore di medaglie con autoritratto.

valerio belli

Cambiando luogo ma non epoca, in Messico, nel 1519 Montezuma imperatore degli Aztechi incontrò Hernan Cortés, e gli donò in segno di pace un monile composto da rare conchiglie rosse ed otto gamberi a grandezza naturale finemente lavorati in oro. Ma pochi giorni dopo l’imperatore fu eliminato con il suo popolo e tutto l’oro, l’argento, la giada, le pietre e le perle rare vennero razziate e inviate al di là dell’Oceano, destino che toccò in seguito anche ai tesori degli Incas in Perù. Il colonialismo e l’arrivo di ingenti quantità d’oro e di altri metalli preziosi dalle nuove terre favorì la produzione di gioielli destinati alle personalità delle corti reali europee e all’alta borghesia. Durante il Rinascimento si fece più stretto il legame tra Arti figurative ed Oreficeria e molti pittori e scultori dell’epoca entrarono nelle botteghe orafe: Donatello, Botticelli, Ghirlandaio, Brunelleschi, Ghiberti, senza dimenticare Benvenuto Cellini (1500-1571) che creò per Francesco I l’opera scultorea di oreficeria più celebre: la famosa saliera in oro, ebano e smalto raffigurante la terra e il mare.

Saliera di Francesco I

Le acconciature delle donne di quel tempo venivano realizzate appositamente per lasciare scoperte le orecchie che venivano adornate di orecchini a pendente e a grappolo, mentre ogni dito delle mani doveva essere impreziosito da un anello. Proprio a causa della forte connessione con l'abbigliamento nel XVI secolo si perdette l’uso di bracciali a causa delle maniche che fluivano con il pizzo, moda che rinacque più avanti grazie alle maniche a spacco.

Girandoles

La gioielleria prosperò in Francia tra il diciassettesimo ed il diciottesimo secolo: nel 1767 esistevano 314 gioiellieri a Parigi e gli orecchini di moda erano le girandoles, pendenti come grappoli a cascata di topazi, ametiste, zaffiri e olivina, simili ai lampadari di Versailles. Durante il periodo vittoriano la stessa regina Vittoria non nascodeva il suo amore per gioielli di tipo sentimentale, che divennero gioielli da lutto dopo la morte del principe consorte Alberto. Nel 1870 la scoperta di giacimenti diamantiferi sudafricani creò una forte diffusione di questa pietra, ormai diventata la preferita da molti. Solo due anni dopo l’archeologo tedesco Heinrich Schliemann effettuò la straordinaria scoperta sulla collina di Hissarlik, sulla sponda asiatica dello stretto dei Dardanelli, mentre era alla ricerca delle mura di Troia: il tesoro di Priamo costituito da 8700 gioielli d’oro, successivamente disperso durante la Seconda Guerra Mondiale, ora conteso da Turchia, Grecia, Germania e Russia.

Con l'inizio del 1900 nuove correnti artistiche predominavano, come l’Art Nouveau caratterizzata da motivi floreali e animali con smalti e nuove cromie e più tardi l’Art Decò con le sue forme geometriche legate al Cubismo; per quanto concerne la gioielleria da notare fu l'avvento dell’oro bianco e platino, ma la più grande novità fu la possibilità anche per gli appartenenti alla media borghesia di sfoggiare prodotti orafi, precedentemente riservati solamente a famiglie reali e aristocratiche, grazie alla nuova tecnica della placcatura, ideata dall’italiano Brugnatelli, che consentiva di ricoprire d’oro oggetti fatti di metalli più poveri e quindi più economici. In Italia l’oreficeria ebbe un momento di eccellenza nella produzione di Melchiorre e C., fondata nel 1873 a Valenza da Vincenzo Melchiorre. Di rilievo fu anche l’attività di Vincenzo Giuria, orafo lucano, che si affermò a Napoli e che venne privilegiato dai Reali d’Italia tanto da ricevere il Brevetto della Real Casa da Re Umberto I nel 1889. Tutta l'industria orafa cominciò a cambiare target di pubblico, risentendo del cambiamento epocale, cominciò a produce non più per una nicchia di persone, ma per la massa. Comincerà ad affermarsi sempre più la figura del designer a partire dal quale nascono nuovi gioielli o intere collezioni. Sono venute dunque a delinearsi le capitali mondiali del gioiello: Parigi, New York, Tokio, Roma, Milano, mentre in Italia si consolidano alcuni distretti famosi in tutto il mondo: Valenza, Vicenza, Napoli, Torre del Greco, Arezzo, Firenze, facendo dell’Italia il primo paese produttore ed esportatore di gioielleria al mondo.